Nel giorno dell’anniversario della TRAGEDIA DI SUPERGA, GIANFELICE
FACCHETTI - il figlio di Giacinto FACCHETTI, considerato uno dei più
forti calciatori italiani della storia - porta al TEATRO SUPERGA di
NICHELINO il suo RACCONTO SUL GRANDE TORINO, scritto con il
giornalista Marco Bonetto. Sul palco, il 4 maggio, "GRANDE TORINO.
Una CARTOLINA DA UN PAESE DIVERSO" con l’attore, scrittore e regista
teatrale, gli Slide Pistons, cioè Raffaele Kohler (tromba), Luciano
Macchia (trombone) e Francesco Moglia (banjo).Dopo Eravamo quasi in
cielo e la Tribù del calcio, Gianfelice Facchetti chiude la propria
trilogia dedicata allo sport più popolare del mondo, con un racconto
teatrale che arriva dopo un podcast realizzato per Raiplaysound.
Cosa c’è nella valigia di un calciatore che torna da una lunga
trasferta o da una sfida memorabile? Quali oggetti, quali cose si
conservano sul fondo della borsa? Ci saranno scarpe, indumenti da
gioco, una tuta, calzettoni, una fascia da capitano; ci sarà una
maglia scambiata con un avversario, mappe per visitare la città dove
si è stati, souvenir da portare a chi è rimasto a casa ad aspettare,
artigianato locale, una bambola, un barattolo di canfora per ungere i
muscoli. Nelle valigie recuperate tra i rottami dell’aereo FIAT
G.212 che il 4 maggio 1949 si schiantò su Superga, c’erano tante di
queste cose ma anche molto di più: c’erano i sogni ritrovati di una
generazione e di un Paese intero, il nostro, che a quella squadra si
era aggrappato come si fa con qualcosa di salvifico quando tutto sta
andando giù.
Immaginiamo che in quel giorno del ‘49 non sia accaduto nulla,
nessuna tragedia; spostiamo indietro il calendario e sfogliamo
l’album dei ricordi: prima cartolina, seconda, terza, fino a
ritrovare le radici e i protagonisti di una pagina di storia rimasta
incollata agli occhi della memoria. Nomi, cognomi, luoghi, date. Il
“Grande Torino" era una cartolina da un Paese diverso, da un luogo
in cui le valigie della gente non contenevano nulla perché erano
state svuotate dalla guerra, erano povere e da riempire ancora di
tutto: di cose materiali e indispensabili, ma anche di rivalsa, di
sogni, di vita.
La favola tragica dei ragazzi in maglia granata parla dei sogni
infranti di una generazione che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si
era rimboccata le maniche e aveva cercato di riprendersi la vita in
mille maniere diverse. Una di queste è stata sicuramente lo sport,
prima il ciclismo poi il calcio, proprio grazie al Torino che tutti
amavano, da nord a sud. C’era fame di vita e di fiducia in qualcosa
da cui cominciare a ricostruire. E c’era anche sete di rivincite, di
vittorie, di orgoglio calpestato da troppo tempo e finito sotto i
piedi. In un quadro rassegnato, fu lo sport a fornire qualche
appiglio al Paese intero. Per questo, quando il cielo inghiottì gli
“Invincibili” in maglia granata, venne giù tutto; fu un lutto
così potente da cancellare ogni slancio di avvenire per tanti
italiani. Ricordarlo vuol dire riannodare i fili del tempo e
restituirci un frammento di ciò che siamo stati e, in qualche
maniera, vorremmo un po’ tornare ad essere.
culture
theater
69
Views
10/07/2025 Last update