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Eventi Esodo Pratelli. Dal Futurismo al “Novecento” e oltre
mercoledì 16 Aprile 2025 - martedì 13 Maggio 2025 « De bello.
Appunti sulla guerra e sulla pace – Mostra collettiva Tomaso Binga.
Euforia » sede: Centro Culturale di Milano (Milano). cura: Elena
Pontiggia . Una grande retrospettiva dedicata all’artista e
intitolata “Esodo Pratelli. Dal futurismo al “Novecento” e
oltre”, curata da Elena Pontiggia, è esposta presso il CMC Centro
Culturale di Milano, con un corpus di oltre quaranta opere, che
tracciano l’intenso percorso di una figura di spicco della pittura
italiana della prima metà del ‘900. La mostra ripercorre con
andamento cronologico le fasi artistiche che hanno caratterizzato il
lavoro di Esodo Pratelli da un’iniziale espressione legata al
realismo e più marcatamente al simbolismo, con la realizzazione di
opere pittoriche e di ceramiche, per poi evolvere nel primo decennio
del ‘900 all’adesione al movimento futurista e approdare negli
anni Venti al Novecento Italiano. Una vita molto intensa, intrisa di
una fervida cultura legata al contesto familiare, coltivata grazie a
viaggi, permanenze a Parigi, a Roma, oltre a incontri e contatti con
importanti esponenti dell’epoca fra cui Boccioni, Carrà, Severini,
Marinetti, Gris, Delaunay, Sironi. Pratelli partecipa attivamente alle
iniziative del suo tempo, si ricordano infatti la collaborazione alla
nascita della Corporazione delle Arti Plastiche (1923), la docenza e
la direzione a Milano della Scuola d’Arte Applicata del Castello
Sforzesco (1924 ca. – 1934), la proposta firmata con Sironi,
Sarfatti, Funi, Carrà per l’istituzione di un Consiglio superiore
per l’arte moderna (1925), la nomina a segretario del Sindacato
Fascista Belle Arti di Milano (1927) e l’anno successivo della
Lombardia. Decenni molto densi in cui l’artista si è dedicato anche
alla creazione di bozzetti per scenografie e costumi di opere liriche,
durante i quali non sono mancati momenti di allontanamento dalla
pittura, tra il 1935 e il 1950, anni che lo vedono protagonista a Roma
in ambito cinematografico, nelle vesti di sceneggiatore e regista. Un
aspetto che contraddistingue la pittura di Pratelli si ritrova nella
costante presenza della natura, seppur con declinazioni diverse a
seconda della fase artistica nella quale è immerso. Anche nelle tele
dove il paesaggio non è il soggetto protagonista, l’elemento
naturale emerge in maniera preponderante, cattura l’attenzione e
appare carico di significati. Talvolta si tratta di agenti
atmosferici, che l’uomo non può controllare e che appaiono ancor
più catalizzanti all’interno delle opere. L’attenzione al segno e
alla linearità, accanto alla raffinatezza e all’eleganza del
tratto, i toni morbidi e leggeri sono ulteriori caratteri distintivi
del lavoro dell’artista, conservati nel corso di tutta la sua
carriera. Importanti i maestri cui si è ispirato e ha fatto
riferimento nel tempo, da Klimt a Beardsley durante al giovinezza, da
Carrà a Sironi in età più matura. Nell’approfondito testo in
catalogo afferma la curatrice Elena Pontiggia in relazione alla sua
pittura: “Merita di essere conosciuta per l’intensità di tanti
suoi esiti, ma anche per l’esprit de finesse che la percorre. I suoi
colori delicati, le sue raffinate composizioni di figure, i suoi temi
confidenziali, i suoi paesaggi urbani e i suoi paesaggi senza
aggettivi, tutta la sua traiettoria stilistica, insomma, dal
simbolismo al futurismo al “Novecento”, cui vanno aggiunti i suoi
ultimi decenni tutt’altro che senili, hanno troppo valore per essere
relegati nella Scatola delle cose dimenticate, come l’artista
intitola un quadro del 1967, che è anche una trasparente metafora
della sua vicenda espressiva”. Nel percorso espositivo fra i lavori
degli esordi è presente la maiolica policroma Estate nella notte
(1911), citata e descritta nel carteggio con il cugino Balilla
Pratella; con lui coltiva un profondo rapporto epistolare nel corso di
tutta la sua vita. All’interno della lettera, l’artista oltre a
dichiararsi ceramista descrive gli intenti di quel momento facendo
emergere il suo interesse per il simbolo e gli elementi naturali. Del
periodo futurista, dettato dall’interesse per il movimento, delle
linee che tendono alla verticalità e a colori più vivaci, si
ammirano le tele Frammento della primavera (1913), caratterizzato dal
roteare di segmenti in gran parte circolari e i bozzetti per le scene
e i costumi dell’opera lirica del cugino Balilla dal titolo
L’aviatore Dro (1913). Si tratta della sua prima progettazione
scenografica ufficialmente futurista, eseguita per la prima volta nel
1920, nella quale, sia che si tratti di scene sia nei figurini, si
avverte la predilezione per la sintesi, per una linearità ondulata
del tratto e di una tensione verso l’infinito. In linea con il suo
avvicinamento al Novecento italiano l’artista volge a delle
rappresentazioni in cui emerge la ricerca di una moderna classicità,
dove la plasticità, i volumi, la nitidezza delle forme e la
supremazia del disegno sul colore assumono un ruolo centrale. Lo si
osserva in Maternità (1922) e nel ritratto della figlia Lilia (1925);
qui i soggetti dominano la scena con una solida volumetria, una forma
precisa e nitida. In questi anni frequenta Mario Sironi, al quale
dedica Ritratto di Sironi (1928); con lui condivide l’interesse per
la pittura solida, monumentale e viene influenzato nella scelta di
soggetti quali cantieri, fabbriche, periferie, ne è esempio Ciminiere
(1924). Sono inoltre in mostra lavori che attestano il successivo
allontanamento dal movimento del Novecento italiano verso un maggior
interesse per i paesaggi, per una dimensione quotidiana, casalinga,
orientata a una visione più serena e cromaticamente più luminosa, in
cui predomina la grandezza della natura. Estate (1930) e La favola del
bosco (1931), con ambientazioni quasi fiabesche e legate alla vita di
tutti i giorni, con scene intime e tenere, ben rappresentano questa
inversione di rotta e l’avvicinamento al realismo magico. Anche
nelle opere degli anni Cinquanta, fra le altre Gatto sulla stufa
(1957), successive all’isolamento dal mondo pittorico, i temi sono
familiari, fino ad arrivare agli anni Sessanta dove la figurazione è
legata a particolari, sempre del quotidiano, ma ancor più intimi e
quasi nascosti; come nell’emblematica La scatola delle cose
dimenticate (1967). Accompagna la mostra un’importante e dettagliata
monografia di Elena Pontiggia, edita da Silvana Editoriale, ad oggi la
più completa sull’artista, che traccia un esaustivo ritratto di
Esodo Pratelli e del suo lavoro. Accanto alle numerose tavole a
colori, oltre un centinaio, sono pubblicati carteggi inediti
dell’artista con personalità a lui vicine nel suo percorso di vita
e in quello artistico. Inaugurazione mercoledì 16 aprile, ore 18
Immagine in evidenza Esodo Pratelli – Estate, 1930, olio su tela, cm
160×140. Irma Bianchi Comunicazione (part.) Salva nel tuo calendario
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mercoledì 16 Aprile 2025 Fine: martedì 13 Maggio 2025 Categoria
Evento: Mostre Tag Evento: Centro Culturale di Milano , Milano Luogo
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